
The Republic, riportando il caso della paziente deceduta dopo una liposuzione, descrive anche il coinvolgimento di una “informatrice farmaceutuica” (così viene definita), tale Dr.ssa Olivia B.
Emergono nuovi dettagli, riferisce Repubblica, che aprono un secondo filone investigativo, gettando ulteriori ombre sia su Lizàrraga (ndr: il chirurgo che ha eseguito la liposuzione) che su un altro chirurgo, Carlo B., già indagato per un altro decesso avvenuto a Roma. A morire, lo scorso marzo, era stata Simonetta Kalfus, anche lei sottoposta a una liposuzione. Anche in questo caso, l’accusa è di omicidio colposo. Ora l’attenzione degli inquirenti si concentra su un’ipotesi inquietante: l’esercizio abusivo della professione medica. Nell’inchiesta — condotta dal pm Stefano Opilio — spunta una terza persona, l’unica a essere indagata, Olivia B., informatrice farmaceutica che si sarebbe finta medico estetico.
Secondo quanto accertato dai carabinieri del Nas, B. — senza alcuna abilitazione — avrebbe partecipato a un intervento di mastoplastica additiva nello stesso studio di Lizàrraga, a Torrevecchia, dove è stata operata anche Ana Sergia (ndr: la paziente deceduta). Una presenza del tutto illegittima in un’équipe chirurgica. E, secondo gli investigatori, non sarebbe un’eccezione: Lizàrraga già in passato si sarebbe circondato di personale non qualificato, come segnalato dai Nas.
Al termine dell’intervento, la B. avrebbe approfittato della paziente per farsi pubblicità, proponendosi come esperta in iniezioni di botox e filler. La donna, fidandosi, le ha inviato un’amica, che si è sottoposta a trattamenti direttamente eseguiti dalla sedicente dottoressa. Ma B. non si è fermata: ha suggerito anche una liposuzione, indicando come riferimento un medico di sua fiducia, Carlo B.. La paziente, però, ha iniziato a nutrire dubbi, insospettita dai risultati deludenti delle iniezioni. È stata lei a presentare denuncia, dando il via a un’indagine culminata con un blitz nello studio, oggi sotto sequestro, nell’elegante quartiere dei Parioli, dove B. riceveva le clienti, un ambulatorio clandestino, completamente privo di autorizzazioni.
All’arrivo dei carabinieri, a maggio, B. ha negato di essere medico, prendendo le distanze dai fatti. Ha però ammesso implicitamente che in quello studio operava anche un certo “Carlo B.”. Un nome che ritorna e che ora potrebbe essere ascoltato dalla procura, insieme a Lizàrraga, per chiarire i contorni di quella che appare come una rete di operazioni estetiche svolte al limite della legalità.
«Attendiamo l’esito dell’autopsia — ha spiegato l’avvocato Francesco Tassini, legale di Lizàrraga — Il mio assistito è devastato da quanto accaduto». «Assieme all’Ordine dei medici — ha fatto sapere il governatore del Lazio Francesco Rocca — stiamo lavorando a un provvedimento che consenta, tramite QR code, una chiara identificazione di ciò che è consentito fare in uno studio medico, con riferimento anche alle specializzazioni del personale sanitario presente».
Inoltre (riporta Repubblica nella cronaca di Roma) sono apparsi due fogli di carta intestata, marchiati Chiesi, utilizzati da Lizarraga. Uno lo ha affisso sulla porta del suo studio, per nascondere il foglio del sequestro che è stato posizionato dalla polizia. L’altro, invece, lo ha messo sul cancello della casa al piano terra, dove vive anche l’ex moglie, il medico Irina Cordova Herencia. Nel giro di poche ore, martedì mattina, è finita nelle case di milioni di italiani.
«Abbiamo ricevuto numerose chiamate di protesta, ma veramente tante», spiegano i rappresentanti di Chiesi, che non escludono una richiesta di risarcimento danni. «Noi non abbiamo mai avuto alcun rapporto con questo dottore, non siamo suoi fornitori. Per questo il nostro nome associato a una persona che è accusata di quello che è accusata è un danno d’immagine. Quando la notizia della morte di Ana Sergia Avilar Chenche è diventata di pubblico dominio, decine di giornalisti e videomaker si sono fiondati presso lo studio del chirurgo facendo diventare virali quei fogli targati Chiesi. Finalmente ieri mattina sono stati rimossi.
Editor's note: Non ci sembra che Olivia B. possa definirsi “informatrice farmaceutica”
Note: I filler dermici sono classificati come dispositivi medici. In particolare, i filler riassorbibili, come quelli a base di acido ialuronico, sono classificati come dispositivi medici di classe III, mentre i filler permanenti sono classificati come classe di rischio IIb. Essi appartengono quindi alle classi di rischio più alte dei dispositivi, per le quali è previsto che l’Organismo Notificato valuti con particolare attenzione la progettazione (con specifico riferimento ai dati clinici che dimostrano la loro efficacia e sicurezza) e la produzione” (fonte: Ministry of Health).