
Nel ventiduesimo anniversario della sua morte, il 3 luglio, Solarussa, in provincia di Oristano, dedicherà la piazza antistante il municipio a Roberta Zedda, giovane medico di continuità assistenziale che perse la vita durante il servizio nel 2003, a soli 33 anni.
“È importante tenerne viva la memoria e, per farlo la cittadina di Solarussa le ha dedicato una piazza a imperitura memoria. Noi colleghi la onoriamo in ogni nostro gesto della professione che Roberta amava e svolgeva con passione e dedizione, perdendo , nello svolgimento del suo ruolo di medico, il bene più prezioso: la sua stessa vita.” ha declared Antonio Sulis, presidente dell’Ordine dei Medici di Oristano.
Nel 2009 l’azienda sanitaria oristanese ha intitolato a Roberta Zedda l’ambulatorio della guardia medica di Solarussa, riaperto allora dopo sei anni di chiusura. Il 12 ottobre del 2013 è stato sempre dedicato alla giovane dottoressa il nuovo padiglione DEA dell’ospedale San Martino di Oristano, che ospita le Unità di Pronto Soccorso, Radiologia, Anestesia e Rianimazione ed il nuovo blocco operatorio. L’anno scorso, è stato inaugurato un defibrillatore alla sua memoria a Solarussa.
Roberta era una giovane e promettente dottoressa, che sognava di lavorare in Africa per aiutare i più deboli. Dopo quella notte è diventata uno dei simboli della lotta giornaliera in Sardegna contro ogni forma di violenza sulle donne.
La drammatica vicenda ha “portato alla presenza di un vigilante, mentre prima le guardie mediche erano state abbandonate”… per risparmiare! Dopo quella drammatica vicenda infatti la presenza del vigilante venne istituita in tutti gli ambulatori di guardia medica.
Anche Fedaiisf si unisce nel ricordare la Dr.ssa Roberte Zedda, vittima di un atroce, efferato, assurdo delitto.
Ne riportiamo la vicenda descritta dal Corriere della Sera dell’epoca.
DAL NOSTRO INVIATO ORISTANO – Nel cuore della notte una mamma inquieta telefona ai carabinieri: «Chiamo da Solarussa, mio figlio è strano, ombroso, agitato. Gli è accaduto qualcosa, ma non vuol dirmi niente. Vi prego, venite subito a casa». Poco prima i carabinieri avevano ricevuto la telefonata di un’altra mamma in ansia: «Da ore non abbiamo notizie di mia figlia. E’ medico, fa la guardia notturna di Solarussa. Potete andare a vedere se è in ambulatorio?».
Solarussa è un paesino dell’Oristanese, 3 mila abitanti, non accade mai niente.
Partono due pattuglie. L’ ambulatorio è illuminato, ma il medico, Roberta Zedda, 32 anni, non apre né risponde al telefono. Sfondano la porta, la trovano nuda per terra, il corpo trafitto da coltellate (almeno 20, si saprà poi dall’ autopsia), sangue dappertutto, su un tavolo un asciugamano: l’ assassino ha cercato di darsi una ripulita prima di fuggire.
L’ altra mamma: «Ci sono i carabinieri. Almeno a loro vuoi dire che cosa ti è successo?». Mauro Zancudi è impallidito, ha seguito docilmente la pattuglia in caserma, ha spiegato senza tradire emozioni che era stato con amici tutta la sera. Ma dopo dieci ore è crollato: «Sono stato io». Perché? Ha cercato di usarle violenza, lei si è difesa disperatamente, ha segni di botte dappertutto.
A tradirlo è stata la passione per le auto: dopo il delitto, ha preso le chiavi della «Punto» del medico, parcheggiata davanti all’ ambulatorio, e non ha resistito alla tentazione di farsi un giro. E’ andato su e giù per il paese, senza meta né preoccupandosi che qualcuno potesse vederlo; sgommate, frenate, ripartenze. Non ha cercato neanche di lavarsi, ha lasciato tracce di sangue sul volante, nei sedili. E ha parcheggiato l’ auto vicino a casa.
Roberta Zedda è stata uccisa nella notte fra mercoledì e giovedì, la guardia medica è aperta dalle 20 alle 8 del mattino, il delitto è stato scoperto soltanto 24 ore dopo: nell’ambulatorio non si è presentato nessuno. Possibile? Ed è credibile che Mauro Zancudi fosse solo? «Ho bussato, mi ha aperto subito, sono entrato, ho chiesto una ricetta …».
Poche parole, 23 anni, disoccupato, la faccia di un ragazzo impaurito più che di un delinquente pericoloso. «Ero solo», ha detto. Il suo racconto non ha convinto del tutto: il sostituto procuratore Luca Forteleoni, il colonnello Pierpaolo Sardu e il maggiore Gavino Asquer cercano di dissipare ogni ombra, una decina di ragazzi sono stati interrogati.
E i medici protestano con rabbia: «E’ un omicidio annunciato, i colleghi che fanno le guardie sono esposti a rischi gravissimi, non hanno protezione, devono aprire la porta a chiunque». Mauro Zancudi non ha voluto dire dove ha nascosto l’arma. È un coltello a serramanico, piccolo e tagliente. Lo ha portato con sé e lo ha tirato fuori dalla tasca quando Roberta Zedda ha respinto le sue avances.
Tracce di lotta nell’ ambulatorio e nel piccolo andito che porta al bagno. Roberta ha cercato di difendersi con tutte le sue forze, Zancudi le ha strappato i vestiti, lei resisteva ancora (l’autopsia non ha rivelato se c’è stata violenza carnale: il perito si è riservato di dare una risposta certa nelle prossime ore) e lui l’ha colpita con ferocia, coltellate al petto, all’ addome, sui fianchi, le è stato addosso finché non l’ha vista crollare, quasi certamente ha continuato a colpirla anche quando, ferita a morte, non si difendeva più. Non è morta subito, ha perso molto sangue.
Laureata da 4 anni, carina, sempre sorridente e disponibile: «Accetto questo lavoro che mi piace poco ed è pericoloso – aveva detto a un’amica – e lo farò finché non sarò riuscita a specializzarmi in malattie infettive». Studiava molto, la notte portava i libri all’ ambulatorio di Solarussa. Un fratello, Antonello, 36 anni, anche lui medico, psichiatra. La famiglia vive a Sanluri (Cagliari), la madre casalinga, il padre Ignazio, 66 anni, camionista in pensione.
Roberta abitava a Cagliari e viaggiava, ogni giorno duecento chilometri. A Solarussa c’era ormai da due anni, la conoscevano tutti, nessuno l’aveva mai infastidita. Forse Mauro Zancudi se ne era invaghito, ma non l’ha mai confidato a nessuno. E ai carabinieri ha detto: «La conoscevo appena». Sole e indifese, obbligate comunque ad aprire la porta.
Anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini Giuseppe Del Barone ha protestato per l’insicurezza del servizio di guardia medica. Bersaglio delle critiche Aziende Usl e Regione: «Le guardie giurate che facevano vigilanza negli ambulatori non ci sono più da anni, le hanno abolite per i tagli alla sanità. Abbiamo chiesto che fossero ripristinate, ma la risposta è stata silenzio e indifferenza».
Pinna Alberto Pagina 16 (5 luglio 2003) ‐ Corriere della Sera http://archiviostorico.corriere.it/2003/luglio/05/Aggredita_ambulatorio_uccisa_co_0_030705048.shtml
Nota: La Corte d’Assise di Cagliari, esaminate le risultanze probatorie dei difensori di Mauro Zancudi, ha condannato l’uomo a 30 anni di reclusione. Il collegio ha accettato tutte le tesi del pubblico Ministero Forteleoni, riconoscendo a Zancudi, difeso dall’avvocato Elio Meloni, solamente una pena minore rispetto quanto chiesto dall’accusa. il pubblico ministero ha individuato l’imputato come unico responsabile delle violenze sessuali e poi dell’omicidio della dottoressa,Secondo quanto accertato dai giudici della Corte d’Assise, Zancudi, che era appena stato abbandonato dalla convivente, uccise la dottoressa Roberta Zedda durante il turno nella guardia medica del paese utilizzando un coltello e infierendo anche sul corpo esanime della donna. Il Pubblico Ministero aveva domandato l’ergastolo con l’isolamento diurno per 3 anni, le attenuanti generiche hanno indotto i giudici a una pena inferiore.